Scuola di contatto, scuola di culture. Apprendere, comprendere e agire per insegnare italiano L2 di Chiara COCCIA

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di prossima pubblicazione

Scuola di contatto, scuola di culture. Apprendere, comprendere e agire per insegnare italiano L2
di Chiara COCCIA
Collana "lingue sempre meno straniere"


Cosa vuol dire insegnare italiano come lingua seconda (L2) nella scuola di oggi? Quali sono le competenze necessarie al docente incaricato di tale insegnamento e come è possibile maturarle durante la formazione? Il presente lavoro di ricerca vuole dare risposta principalmente a questi quesiti nella convinzione che nella scuola – ma anche negli altri ambienti formativi – non sia più possibile affidare a figure non specializzate tale tipo di insegnamento, che richiede competenze complesse ed una particolare sensibilità nell’approcciare il mondo dell’Altro. La scuola multiculturale esige un ripensamento ed una sistematizzazione delle esperienze virtuose e delle buone pratiche scolastiche adottate negli ultimi anni per poter offrire agli alunni di cittadinanza non italiana (cni) lezioni di italiano L2 che siano davvero inclusive e che favoriscano l’accoglienza dell’alunno nella comunità scolastica, al fine di migliorarne la competenza linguistica e di metterlo nelle migliori condizioni per poter studiare anche le altre discipline. A tal fine, è necessario affidare le lezioni di lingua a docenti che siano preparati ad affrontare le peculiarità proprie dell’insegnamento in tali contesti e che siano capaci di relazionarsi in modo costruttivo con alunni e famiglie di culture diverse. Nessun percorso di formazione per docenti può però raggiungere risultati soddisfacenti se i partecipanti non sono motivati e se non condividono le finalità e modalità del percorso stesso (Gattullo 1991; Vannini 2012). Per questo motivo si è scelto di intervistare alcuni docenti di scuola secondaria di primo grado quali esperti conoscitori dei fenomeni che interessano la scuola e delle difficoltà e dei punti di forza che caratterizzano la tipologia di insegnamento al centro della ricerca. I dati del MIUR mostrano inoltre come il rendimento nella scuola media influenzi fortemente le scelte scolastiche successive, penalizzando maggiormente gli alunni cni con difficoltà linguistiche che confluiscono principalmente negli istituti professionali, rischiando così la segregazione scolastica (MIUR-Fondazione ISMU 2016).

La comunicazione con l’alunno cni, al di là delle difficoltà linguistiche, rappresenta una priorità per il docente di L2 intento a creare nel gruppo-classe un clima sereno e disteso per abbassare il filtro affettivo (Krashen 1985) e facilitare l’apprendimento linguistico. A tal fine, il docente deve essere in grado di comunicare anche attraverso il linguaggio non verbale evitando però che si generino incomprensioni dovute alle differenze culturali. La competenza interculturale e la capacità di cogliere il vissuto dell’Altro attraverso l’empatia – e non ‘simpatia’, secondo la distinzione di Bennett (2015) – risultano competenze imprescindibili per l’insegnante di italiano L2. Inoltre, la lingua utilizzata dall’insegnante è allo stesso tempo ‘mezzo’ ed ‘obiettivo’ dell’apprendimento, per cui l’input linguistico del docente deve essere comprensibile e collocarsi nella Zona di Sviluppo Prossimale (Vygotskij 1980) dell’alunno per poter essere trasformato in output ed essere quindi assimilato. Il docente attua infatti un controllo costante sul proprio modo di parlare in classe, per avvicinarlo alle competenze degli studenti, utilizzando una varietà di linguaggio chiamata teacher-talk (Diadori 2004) al fine di permettere la negoziazione dell’input e facilitare l’acquisizione linguistica rispetto a quanto avviene solitamente in un contesto spontaneo (Diadori, Palermo, Troncarelli 2015).

Le competenze finora illustrate rientrano nell’ambito di quelle che chiameremo competenze comunicativo-relazionali; dalla ricerca emergono poi una serie di competenze metodologico-didattiche che permettono al docente di gestire in modo efficace la fase della programmazione, della somministrazione delle attività in classe e della verifica e valutazione degli apprendimenti, nonché della valutazione del proprio operato al fine di migliorarne la qualità e l’efficacia. Tradizionalmente, nei percorsi di formazione dei docenti ci si è concentrati principalmente sull’acquisizione della seconda tipologia di competenze, attraverso lo studio al livello teorico e la simulazione di attività didattiche. Unico momento formativo in cui i docenti sperimentano direttamente le difficoltà e problematiche relative all’insegnamento è il tirocinio, che risulta però efficace solamente se accompagnato da un costante confronto con il tutor e con i colleghi: l’esperienza può generare apprendimento soltanto attraverso la riflessione (Kolb 1984; Schön 1993). L’apprendimento è inoltre un processo olistico (Reggio 2010) che coinvolge diverse dimensioni (emotiva, cognitiva, corporea) dell’essere umano; pertanto, la formazione del docente non può avvenire solo attraverso metodologie formali che si rivolgono alla sfera cognitiva, ma necessita di attività che prendano in considerazione anche gli aspetti emotivi e relazionali, adottando tecniche e includendo esperienze tipiche degli ambiti non formali e informali. La competenza – secondo quanto indicato dalla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2018) – si compone anche di ‘atteggiamenti’ che il docente competente deve acquisire durante la formazione e che possono essere appunto sviluppati attraverso l’apprendimento esperienziale.

Nel presente lavoro si illustrerà un possibile modello per i corsi di formazione per i docenti di italiano L2 che pone particolare attenzione anche allo sviluppo di competenze attinenti alla sfera emotiva e relazionale attraverso esperienze che si discostano in parte da quelle previste solitamente nella formazione tradizionale che avviene in contesti formali come l’università.

Ultima modifica il Martedì, 07 Luglio 2020 21:56